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Questo articolo è il report dell’evento VMUG.IT Hands On Day 2012 dedicato a Liquidware Labs e svoltosi lo scorso mercoledì.

Fondata nel 2009 in Atlanta (si dice che la Georgia sia la Silicon Valley del VDI), Liquidware Labs è un’azienda privata focalizzata nelle soluzioni innovative per migliorare le metodologie di gestione dei desktop e dei server, soprattutto in ambito End User Computing. Attualmente ha uffici ad Atlanta, Chicago, Vich (CH), Surrey (UK) e ha goduto di una crescita a tre cifre anno su anno (2009‐2012).

L’executive team di The Liquidware Labs è composto da persone con anni di esperienza e competenza nel mondo della virtualizzazione (molti provengono da VizionCore, diventata poi Quest, PHDVirtual, …) e non.

Le soluzioni sviluppate (Stratusphere™ and ProfileUnity™) sono state valutate da diversi analisti come ideali per gestire assess, design, migrazione e validazione di ambienti VDI. Ma più che le soluzioni in sé, è la metodologia ad essere interessante.

Tutte le soluzioni attualmente disponibili hanno un singolo server di gestione, fornito (sul sito, nella sezione download) sotto forma di virtual appliance in differenti formati (XVA, VHD, OVF), per i differenti tipi di hypervisor (esempio di ecosistema multi-piattaforma).

Stratusphere

Questa soluzione è composta da diversi prodotti:

  • Stratusphere FIT: i modulo che si occupa della parte di assessment (e l’unico dotato di licenze temporanee che scadono).
  • Stratusphere UX: modulo per monitorare, comparare, verificare il Service Level (sia di sistemi fisici che di sistemi virtuali).
  • Stratusphere IxD (prodotto al momento non ancora disponibile): modulo per assistere al design di un’infrastruttura VDI (partendo dai dati raccolti da FIT).

L’architettura della soluzione è basata su diversi elemento:

  1. Hub: è il server di gestione e il virtual appliance (unico per tutti i prodotti) scaricabile dall’area download.
  2. Connector ID Keys (CID): è l’agent che viene installato sia sui desktop fisici che su quelli virtuali (notare che è disponibile sia per Windows che Linux).
  3. Network station: un’altra virtual appliance (ne serve una per ogni host di virtualizzazione) necessaria per nonitorare l’ambiente virtuale.

Tutte le diverse virtual appliance sono Linux based e già includo un database “embedded” (PostgresQL), ma volendo (e su numeri significativi è caldamente consigliato) è possibile usare un database su un server esterno.

L’aspetto interessante è che, con questo strumento, è possibile correlare metriche diffenti per avere numerosi report (alcuni di esempio sono disponibili sul sito web). La triade principale che viene analizzata è composta da machine, end user e application.

Rispetto a VMware Capacity Planner for View (ma il ragionamento si può estendere al altri strumenti simili), FIT ha il vantaggio di analizzare i dati localmente (molti clienti non gradiscono che i dati escano dall’azienda). Inoltre i vari “agenti” possono essere programmati per una “auto-disinstallazione” pianificata ad un dato giorno (cosa se semplifica la vita all’amministratore di sistemi). Tra i vari report poi vi sono anche quelli di stima della possibile infrastruttura in termini di capacità di calcolo, che non si limitano a considerare solo l’ambiente VMware View, ma possono essere specializzati anche per Citrix XenDestop, Microsoft e RedHat. Sono pure inclusi report specifici per la parte di storage.

Un limite che vedo (che che in fondo va oltre quello è che l’obiettivo di questo tipo di programma) è che si limita a considerare solo le soluzioni VDI. Per alcuni particolari utenti e/o applicazioni potrebbero essere più vantaggiose altre forme di virtualizzazione (a livelo di sessione e/o applicazione) o altre soluzioni. Sarà anche interessante vedere se il modulo di IxD sarà in grado di assistere anche nella parte di design della rete geografica (considerando magari una realtà con diverse filiali) e nella parte relativa allo storage (qua però servirebbero moduli specifici dai vari storage vendor)… in quel caso diventerebbe un must per il design di ambienti VDI!

Il modulo UX è, invece, in grado di monitorare tutto l’ambiente a partire dagli endpoint, passando dalla rete e dai connection broker, ai server, agli host, arrivando fino agli storage, considerando anche tutto quello che riguarda gli user setting, le applicazioni e la portabilità dello user state! Volendo esiste anche un Stratusphere Adapter for vCenter Ops che permette di integrare UX all’interno di VMware Operation Management per avere un’unica interfaccia e un’unico strumento di monitoraggio.

Uno degli aspetti forse più interessanti di UX è che è in grado di monitorare e raccogliere data già durante la fase iniziale di assestement, in questo modo si potrà poi facilmente comparare e confrontare la user experience prima e dopo la migrazione.

ProfileUnity

Questo prodotto è in grado di isolare e separare l’utente dal sistema operativo, in modo da semplificarne la portabilità, sia da ambiente fisico a virtuale (e pure viceversa), ma anche da una versione di Windows ad un’altra (sia salendo di versione, ma anche scendendo di versione!). E con la parte di FlexApp permette anche di separare l’utente e il sistema operativo dalle applicazioni. Notare che entrambi possono essere impiegati in un progetto di VDI, ma essere anche completamente slegati da questo particolare contesto!

Rispetto ad altri strumenti specifici per la gestione dei profili utente (coem i roaming profile di Microsoft, oppure VMware Persona Management) questo strumento è più flessibile, ma soprattutto si adatta sia per fisico che per virtuale che per diverse versioni di Windows! Ogni utente di fatto ha solo un “profilo” gestito, indipendentemente dalla sua postazione e dal tipo di OS (Windows).

L’architettura è abbastanza curiosa, visto che utilizza le GPO di AD, ma bensì degli script (uno durante l’avvio della macchina, uno durante il logoff dell’utente). Potrebbe sembrare una soluzione vecchio stile, ma per certi aspetti potrebbe persino rivelarsi più flessibile (ad esempio, mi viene da pensare che potrebbe essere adattato, senza grossi problemi, ad un dominio emulato con Samba). I diversi script sono generati dall’hub (soprattutto per quanto riguarda la configurazione) e sono memorizzati (di default) nella share netlog di un AD DC (di default poi questa share è automaticamente replicata su ogni AD DC). Notare che non vi è alcun agente sui vari client.

Quello che ancora non mi risulta chiaro (e non è stato completamente spiegato) è come vengono gestiti eventuali conflitti tra diverse versioni di sistema operitivo… Passi le cartelle che cambiano nome e che vengono rimappate… ma la porzione utente del registro potrebbe avere chiavi non compatibili o che vengono gestite in modo diverso tra diverse versioni di Windows.

FlexApp

FlexApp permette alle applicazioni di essere installate normalmente, rendendo l’applicazione è astratta e centralizzata. Supporta le metodologie di gestione attuali concernenti la UIA, lavora sia su desktop fisici che virtuali ed è progettata perVMware View, Citrix XenDesktop, Red Hat EV for Desktops.

Quindi rispetto a VMware ThinApp o Microsoft App-V è più generica e generalizzabile. Richiede comunque ProfileUnity per poter funzionare.

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Backup Academy, il sito che propone risorse (gratuite) per quanto riguarda i backup nel mondo virtuale, ha compiuto da poco il suo primo anno di vita. In questo anno sono stati realizzati numerosi corsi e whitepaper (uno anche dal sottoscritto). E numerose persone (come riportato sul sito, più di 700 ) hanno conseguito la certificazione on-line (e grauita) vendor-independent sugli aspetti legati ai backup.

Cosa potremo aspettarci nei prossimi anni? Pare che questo primo anniversario sarà l’occasione per aggiornare molti contenuti e ambizioni del sito Backup Academy!

Alcune informazioni, sono deducibili dal post celebrativo del primo anno:

Backup Academy is meant to give you the extra resources you need to get started in that virtualization and data protection journey. We’ve had the content live for just over one year, and we are now planning additional content as the technology landscape changes. The fact is, once you learn a virtualization technology; you’ve effectively committed to learning it again and again and again!

Interessante l’idea di ampliare gli argomenti ad altri, quali la virtualizzazione. Anche perché il backup non è fine a se’ stesso, ma richiede conoscenze e competenze trasversali sulla virtualization, sui sistemi operativi, sulle applicazioni, sullo storage, sul networking, …). Benché già esistano corsi e certificazioni (normalmente di alto livello), queste sono spesso troppo vendor oriented. Una certificazione sulla virtualizzazione che sia vendor independent potrebbe essere interessante e rappresentare persino un livello iniziale mancante in quelle dei vendor (Associated level?). Chiaro che a quel punto il nome Backup Academy perde un po’ di significato… forse dovrebbero pensare ad un altro sito (Virtualization Academy?) :)

E oltre alla virtualizzazione, quali altri aspetti andrebbero considerati? Personalmente mi piacerebbe vedere anche qualcosa legato alla business continuity e come si relaziona con i backup e con le repliche (che non sono backup, esattamente come le snapshot, ma che spesso ruotano attorno ai programmi di backup e/o protezione dati).

E voi cosa vedreste di utile? Potete tranquillamente mandare suggerimenti/commenti all’account Twitter @BckpAcademy o sulla Backup Academy feedback page.

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DataCore SANsymphony-V è un prodotto di virtualizzazione storage (si potrebbe definire l’hypervisor degli storage) già discusso in un precedente post.

Ora è stata rilasciata, anche in Italia, la release 9 che introduce varie novità tra cui il supporto anche per gli storage condivisi (in architetture con approccio più tradizionale).

Le nuove funzioni sono rivolte in particolare a:

  • Le organizzazioni che stanno pianificando l’implementazione di una cloud privata
  • I data center di grandi dimensioni alla ricerca di servizi reattivi di tipo cloud
  • I Cloud Service Provider (CSP) che sviluppano un’offerta di cloud pubbliche, private e ibride

Per maggiori informazioni:

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Nei post precedenti, ho descritto le differenze tra i diversi tipi di virtualizzazione e i diversi tipi di cloud.

Si potrebbe pensare, ad esempio per il fatto che normalmente un cloud di tipo IaaS fornisce VM, che tra cloud e virtualizzazione (in questo caso di sistema) esista qualche forma di correlazione. Ma la verità è che questa correlazione può esistere come pure non esistere affatto!

La virtualizzazione è più strettamente legata con la parte tecnologica, implementativa ed infrastrutturale. Il cloud più con parti di alto livello, quali la gestione, la logistica, il tipo di servizi e il loro livello di servizio, …

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Il cloud computing è un modo di fruire (ma anche di fornire) di risorse di calcolo (per una defizione più formale vedere The NIST Definition of Cloud Computing).

Per questa ragione esistono differenti tipi di cloud in base a quale tipo di risorsa viene fornita. A macrolivelli possiamo identificare almeno tre grosse tipologie di cloud:

  • Infrastructure as a service (IaaS): in questo caso le risorse fornite sono normalmente VM e risorse di un virtual datacenter (come ad esempio storage e networking), ovviamente sono fornite anche funzioni di gestione. Un esempio di questo tipo di cloud è Amazon EC2.
  • Platform as a service (PaaS): in questo caso viene fornita una piattorma sulla quale sviluppare applicazioni, che include normalmente un sistema operativo, librerie, framework, linguaggi di programmazione e tutto quello che potrebbe service a realizzare un’applicazione multi-tiers (inclusi normalmente anche i database e i presentation server). Un esempio di questo tipo di cloud è Microsoft Azure.
  • Software as a service (SaaS): in questo caso viene fornita direttamente un’applicazione e/o un servizio (o un insieme di applicazioni/servizi). Un esempio di questo tipo di cloud è Microsoft Office 365 oppure Google Apps.

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Parlando genericamente di virtualizzazione si tende normalmente a pensare alla virtualizzazione dei sistemi, dove le risorse di un sistema fisico vengono “partizionate” per permettere l’esecuzione di diversi ambienti (macchine virtuali) su di uno stesso sistema.

Ma nella realtà esistono diversi tipi di virtualizzazione:

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Come già scritto qualche mese fa, dopo l’edizione di Londra (alla quale ho partecipato), sempre quest’anno vi sarà un secondo Dell Storage Forum in Europa ed in particolare, questa volta si terrà a Parigi dal 14 al 16 Novembre (a quanto pare hanno usato i moduli di feedback su mete alternative, peccato forse per il periodo).

In realtà, anche questa volta vi saranno due tracce distinte, una per tutti (nelle date previste) ed una riservata solo ai partner prevista dal 13 al 14. L’agenda per entrambi i percorsi è già disponibile e pressoché definitiva.

Con più di 60 sessioni commerciali e tecniche, 5 roadmap di prodotti, 3 sessioni plenarie, 16 ore di hands-on labs e 3 corsi complementari, le occasioni per imparare non mancheranno di sicuro. E sarà anche una ghiotta occasione per scoprire le novità prima che arrivino sul mercato!

E, come sempre, sarà anche un’opportunità di social networking! Io sarò presente da martedì mattina e giovedì sera.

Per la registrazione usare questo link.

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